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http://img441.imageshack.us/img441/7933/a217sm0.jpg” alt=”” hspace=”2″ vspace=”2″ width=”124″ height=”200″ align=”left” />È praticamente impossibile, e forse non utile, sintetizzare questa storia senza offendere almeno in parte la sua meravigliosa capacità di rimanere sempre sospesa in una realtà che non è realtà, come forse solo i sogni sanno fare. E se proviamo a trascrivere un sogno su un taccuino vediamo quanto è facile perdere in atmosfera, energia e particolari.
Già Fosco Maraini (e non solo lui) si domandava come mai la montagna non fosse mai stata in grado di partorire opere letterarie che potessero ardire alla dimensione dell’arte. Come dire che tra le relazioni, i racconti, le biografie e i saggi di stampo “montagna” che affollano le biblioteche di tutto il mondo ci affanneremmo invano a trovare un’opera d’arte universale degna di essere posta alla pari del Tifone di Conrad o dell’Odissea. Maraini non riusciva a darsi una risposta convincente, mentre invece Flavio Favero, magari senza saperlo, ci ha provato: e il risultato è una lettura tra le più sorprendentemente vicine all’arte ci possano essere in questo esatto momento.

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