Un’altra buona news dal gruppo Castello-Provenzale. Dopo la richiodatura di “Solo per Bruna” è arrivato il restyle anche paer la Via dei Passeri sulla Punta Figari, ad opera di Ivano Ghinaudo e Federico Marcellino.
RELAZIONE PUNTA FIGARI – VIA DEI PASSERI
E chi meglio di loro possono illustrarvi il lavoro che è stato fatto?
La via dei Passeri
A cura di Ivano Ghinaudo e Federico Marcellino
Cenni Storici:
La via dei Passeri alla Punta Figari è una via mitica aperta da Isidoro Meneghin ed Enrico Pessiva il 5 maggio 1975 in arrampicata artificiale e venne poi salita il libera da Giovannino Massari e Bausone Federico nel 1984.
Purtroppo è caduta nell’oblio a causa della sua fama di via dura e poco chiodata.
L’idea:
A una prima ricognizione ho potuto constatare quanto la linea fosse ardita, logica e bella ma, purtroppo, molto sporca di erba e lichene oltre che schiodata in gran parte e non proteggibile a friends nei tratti duri per una ripetizione in libera.
Da qui l’idea di far rinascere questo pezzo di storia alpinistica nel luogo più vicino a noi che ricorda l’arrampicata dolomitica.
A questo punto dovevo trovare un socio, Federico si è rivelato il compagno ideale e mi è stato di grande aiuto.
La rinascita:
Un giorno ricevo una telefonata, era Ivano, mi chiedeva se ero interessato a risistemare la Via dei Passeri alla Punta Figari di Rocca Castello Provenzale, precisandomi anche che ci era già stato una volta ma, giunto alla metà del secondo tiro era impossibile proseguire se non aggiungendo chiodi.
La cosa mi stuzzicava, allora sono andato a cercare nella libreria la mitica guida di Giovannino Massari che avevo reperito da poco su internet. Letta la relazione ho provato a cercare ulteriori informazioni in rete, ma nulla da fare non vi erano notizie da nessuna parte.
Sempre più incuriosito anche per la sua fama di una delle vie più dure del gruppo, ho risentito Ivano e gli ho detto che ero con lui per andare a risistemare la via e che mentre eravamo li potevamo fare il lavoro in un’ottica moderna conservando l’etica del luogo, ovvero introdurre solo e soltanto le soste a spit.
L’accordo è avvenuto immediatamente e pochi giorni dopo eravamo già in macchina, direzione Chiappera, Val Maira.
Da Pinerolo sono due ore di auto più una di marcia per arrivare alla base della parete, quindi la sveglia doveva essere assolutamente molto presto.
Il materiale era tantissimo e anche i chili dello zaino erano infiniti (trapano, soste, chiodi, martello, friends), si sono fatti sentire per bene sulle spalle durante tutto l’avvicinamento. Giunti alla base, poco dopo è spuntato il sole, pronti via!
Dovevamo salire la via, riattrezzarla con i chiodi e mettere le soste ma, come spesso accade siamo riusciti a fare ben poco.
Alla prima sosta il primo problema, la roccia costituita da quarzite ci ha mostrato subito la sua scorza durissima, il trapano dopo due fori aveva già la prima batteria scarica.
Va beh avevamo capito che quel giorno avremmo piazzato solo due soste, in realtà speravamo in qualcosa di più.
Ivano riparte subito per il secondo tiro, questo decisamente più difficile. Lo aveva già scaricato una volta ma, ora con chiodi e martello sembrerebbe tutta un’altra musica. In breve raggiunge il diedro che non si presta per nulla all’uso dei friends, quindi una salita rapida non era possibile. Il duro lavoro di posizionamento di alcuni chiodi per riuscire ad arrivare in sosta ha rallentato la tabella di marcia notevolmente.
Dopo aver sistemato la seconda sosta leggermente più a destra di quella vecchia che costringeva a rimanere appesi, il trapano con l’altra batteria ha dato forfait e pure la punta era cotta.
Anche il terzo tiro ha richiesto la scalata in artificiale per essere superato, dato che più del cinquanta percento del tiro era sporcato da erba e licheni che nascondevamo molti appigli.
Il morale era calato, poco avevamo fatto e non come volevamo, la libera di questi tiri così come si presentavano era impossibile e bisognava rivedere il piano.
Decidemmo in fretta di voler provare a finire la via in modo da conoscere tutta la linea per la visita successiva, che ora si riteneva necessaria.
Il quarto tiro non ha creato molti problemi, mentre il quinto ha rovinato anche il piano b.
La relazione non era chiarissima, di chiodi non se ne vedeva l’ombra, spiegava che la linea andava sulla destra, allora Ivano ha provato a salire un pezzo dopo essersi protetto ma nulla di fatto.
Retromarcia. Ancora qualche metro verso destra e poi ha visto una sosta con cordoni in alto, sembrava la nostra.
Raggiunta a fatica abbiamo realizzato che forse era già un po’ troppo a destra rispetto a quanto disegnato sulla foto della relazione, ma non avevamo più tempo da perdere.
Poco male però, ripartendo per il tiro successivo Ivano dopo pochi metri urla “sosta a spit a destra!”. Adesso era chiaro, eravamo finiti sulla via più a destra della nostra.
Con un ulteriore tiro abbiamo raggiunto la sommità della parete da dove con quattro calate siamo poi rientrati alla base.
Partiti da Pinerolo alle 4,30 siamo rientrati alle 21, che giornata eterna!
La seconda giornata che ci ha portati su questa via è stata ben preparata a tavolino.
Conoscendo ormai l’autonomia del trapano abbiamo deciso di salire solo fino al quarto tiro per posizionare le due soste e in discesa di pulire e attrezzare alla perfezione i due tiri difficili.
Così è stato!
Nel salire, sempre da secondo, mi sono riusciti in libera proprio i due tiri difficili; questo era già un piccolo traguardo, anche perché erano ancora da pulire.
Mi sono reso immediatamente conto di quanto fossero belle da scalare quelle due lunghezze e di come era davvero necessario ripristinarle.
Dopo aver sistemato le due soste, da programma ci siamo calati, prima io che ho fatto ampie pulizie e poi Ivano che ha sistemato tutti i chiodi necessari testandoli uno ad uno ed ha eliminato molto materiale instabile.
Dopo questa giornata, il nostro progetto iniziava a prendere forma.
L’obbligo di dover tornate una terza volta era dettato dall’autonomia del trapano che non voleva proprio sentire di fare più di quattro fori e nel voler salire la parte alta.
Ancora una volta partenza presto ed essendo alla fine di agosto la mattina si è rivelata molto più fresca.
Arrivati all’attacco abbiamo atteso il sole che ci riscaldasse e siamo partiti.
Con la prima parte sistemata e pulita Ivano ha provato la libera ma, non avendo le volte precedenti avuto modo di provare un po’ i movimenti, due piccoli resting lo hanno fermato, solo momentaneamente.
La via prosegue e stavolta riusciamo a salire il quinto tiro sulla linea giusta che ci porta sotto il grande ed impressionante tetto finale.
Dalla nuova sosta Ivano, come un vero ragno, si arrampica su per la fessura che incide lo strapiombo e dopo alcuni incastri, spaccate e posizioni strambe esce vittorioso dal tetto, che tiro!!!
Ben proteggibile, è comunque più difficile di quanto descritto nella relazione e merita sicuramente la sua salita.
Il gioco è fatto e la via è terminata, rimane solo più la voglia di Ivano di liberare quei due tiri là sotto.
Dopo la spettacolare calata nel vuoto dal bordo del tetto raggiungiamo con un paio di ulteriori calate le soste dei dei primi tiri. L’ora non è tarda e allora Ivano risale e libera finalmente i due tiri gradandoli 6c+, mentre io gli avevo dato 6c considerando il fatto che li avevo scalati sempre da secondo.
Il progetto si è concluso nel modo che speravamo, ovvero poter garantire ad altri scalatori la possibilità di salire questa magnifica via, con la sicurezza adeguata per il tipo di difficoltà e ingaggio che richiede.